DESIGN STREET intervista Sonia Pedrazzini, l’ideatrice del progetto Le Morandine.
Abbiamo incontrato Sonia Pedrazzini nello showroom di Adele-C in occasione della Fall Design Week, la settimana milanese dedicata alla cultura del progetto. Sonia è una designer eclettica che spazia dal prodotto industriale a progetti più sperimentali al confine tra arte e design, alternando il lavoro per importanti aziende con l’autoproduzione. Dal 2009 porta avanti il “metaprogetto” Le Morandine, una serie di oggetti ispirati alle nature morte di Giorgio Morandi di cui abbiamo già parlato su Design Street.
Ecco cosa ci ha raccontato.
DS: Quando hai deciso di diventare una designer?
SP: Ho sempre desiderato lavorare in ambito creativo. Dopo il liceo classico a Capri ho frequentato l’ISIA di Roma. Grazie all’influenza di personalità come Paolo Deganello, Gilberto Corretti e Andries Van Onck, ho avuto una formazione fortemente legata all’aspetto critico, concettuale e di ricerca. Quando mi sono resa conto, con piacevole sorpresa, che il design poteva abbracciare anche tutti quegli aspetti che mi interessavano, ho capito che questa era la mia strada.
DS: Qual è la prima parola che ti viene in mente quando pensi al design?
SP: Umanità. Una parola a cui mi riferisco nella sua accezione più ampia, intesa sia come sentimento di “solidarietà umana” sia come studio che ha per oggetto l’uomo e la sua produzione intellettuale. Insomma, per me il design è tutto ciò che ha a che fare con l’umanità.
DS: Le Morandine: come nasce il progetto? E come si è sviluppato nel tempo?
SP: Come prima cosa ho creato le candele. Rappresentavano la luce cerosa dei quadri di Morandi ed erano state concepite nel 1999 per rispondere al brief di progetto di un’azienda.
Il progetto venne scartato ma io non ho mai smesso di credere nel valore di quell’intuizione: riportare alla tridimensionalità le forme di Morandi e realizzare un progetto interattivo che spingesse le persone a creare la propria natura morta.
Dieci anni dopo, ho deciso di riprendere la mia ricerca sugli oggetti di Morandi e di autoprodurre un’edizione limitata di candele.
I vasi in ceramica sono stati la naturale evoluzione del progetto per le maggiori possibilità creative e produttive che offre questo materiale.
Considero Le Morandine un “metaprogetto”, una ricerca che viaggia parallela agli altri lavori del mio studio e che procede – alla maniera di Morandi – in lenta ma continua evoluzione.
Indago anche la possibilità di guardare “oltre Morandi”, facendo evolvere il progetto in una chiave più contemporanea e sperimentale. E con questo spirito è nata la collezione dei vasi metallizzati con interno laccato rosso o azzurro, presentata di recente a Brera nello showroom di Adele-C. La semplicità delle forme in contrasto con le preziose finiture in oro, bronzo e platino crea un interessante cortocircuito.
DS: E il vaso Testa? Raccontaci il tuo ultimo progetto
SP: Il vaso Testa è un oggetto iconico che riprende uno dei soggetti più rappresentati da Morandi durante il suo breve periodo metafisico tra il 1918 e il 1920. Questo vaso, formato da due metà non esattamente uguali, è oggetto “unico e doppio” allo stesso tempo. Un vaso che aggiunge un tassello al progetto in progress de Le Morandine, ampliando le possibilità di “gioco” con cui ognuno potrà comporre la propria natura morta.
Anche il vaso Testa, come tutti gli altri vasi, è personalizzabile nelle finiture e nei colori. Chi lo desidera può intervenire direttamente nel processo creativo e realizzare la sua personalissima natura morta.
DS: Quali sono le tue principali fonti di ispirazione?
SP: Sono onnivora. Mi stimolano le arti visive, la moda, la natura, ma anche la letteratura, le scienze e la musica di cui non potrei fare a meno. Trovo ispirazione anche nei bisogni e nelle domande (che mi costringono a trovare risposte non banali) e nei nuovi comportamenti sociali.
DS: Ultimamente c’è un ritorno al fatto a mano, all’esclusività del pezzo unico. A cosa pensi sia legata questa tendenza?
SP: Al bisogno che ognuno di noi ha di sentirsi riconosciuto come persona e non come anonimo acquirente di anonimi oggetti. Apparentemente non ci manca nulla, eppure non siamo mai soddisfatti. C’è, in generale, un bisogno di “valore” che l’esclusività del pezzo unico o del fatto a mano cerca di colmare.
Credo che ci sia la necessità di riconnettersi con qualcosa di riconoscibile e di rassicurante e l’oggetto artigianale, che rappresenta un sapere antico che richiede una certa lentezza, forse soddisfa questi bisogni.
DS: 3 oggetti che raccontano momenti importanti della tua vita
SP: Il modellino della mitica sedia Rossa e Blu disegnata da Gerrit Rietveld nel 1917. È stato il primo oggetto di design con cui mi sono confrontata quando studiavo all’ISIA. Faceva parte di un’esercitazione del corso di progettazione e per me usarlo è stato come entrare nel paese delle meraviglie di Alice. Un mondo parallelo in cui le idee più folli potevano diventare veri oggetti d’uso.
La Austin Mini Metro bianca con cui nel 1992 mi sono trasferita in Germania, a Monaco di Baviera, per collaborare con l’agenzia Dieter Bakic Design, dove mi sono dedicata al design cosmetico, scoprendo un aspetto poco noto del design del prodotto, quello del packaging. Era un’auto orribile esteticamente, ma un piccolo panzer per le mie trasferte oltralpe.
Il libro “Lo spirito e gli ultracorpi” di Marco Senaldi e Antonio Piotti, un brillante saggio di filosofia, arte e società che spiega le contraddizioni in cui siamo immersi. Un testo che ha segnato un momento di svolta nella mia vita personale e professionale.
DS: Un designer o artista (in vita o no) con cui ti piacerebbe andare a cena e perché
SP: Michael Anastassiades. Vorrei andare a cena con lui per parlare di design ma anche e soprattutto di vita e di yoga.
Le sue lampade mi hanno sempre affascinata per il senso di rarefatta bellezza che trasmettono, per la loro eleganza ed equilibrio. Sono presenze potenti eppure gentili e rassicuranti. E quando, attraverso interviste e filmati, ho scoperto qualcosa di più su Michael Anastassiades, mi sono resa conto di trovarmi di fronte a un designer di grande sensibilità e intelligenza, ma soprattutto davanti a un uomo che, attraverso il design, ricerca altre cose.
DS: Riviste cartacee o web?
SP: Sono ancora molto affezionata alla carta ma uso di più il web per aggiornamenti immediati e veloci. Le due possibilità non si escludono ma si integrano. Amo le riviste anche in quanto oggetti. Mi piace tenerle in mano e sentire l’odore della carta stampata. Forse le amo perché una rivista l’ho progettata anche io, Impackt Contenitori e Contenuti (Edizioni Dativo), un semestrale del tutto innovativo, dedicato al design e al packaging di cui sono stata anche direttore editoriale.
DS: Qual è il tuo rapporto con i social network? Li usi per raccontare il tuo lavoro?
SP: Li uso con parsimonia ed esclusivamente per lavoro. Non ho molto tempo per postare, condividere, discutere… per non parlare dell’immediatezza. Le mie notizie non sono mai date in tempo reale perché non amo condividere la vita mentre la sto vivendo, neppure quando si tratta di lavoro. In questo senso sono “poco social”. Però so bene che i social oggi sono uno strumento utile e forse persino “democratico”, perché se un designer o un artista non ha altri mezzi per farsi conoscere, questa è una fantastica possibilità che prima non esisteva.
DS: L’ultimo viaggio che hai fatto o il prossimo che farai
SP: Recentemente ho rivisto Napoli. Ci mancavo da tanti anni e ho potuto godere del nuovo rinascimento di questa città. Ci sono luoghi incredibili e ineguagliabili bellezze che ritornano alla luce. “Miseria e nobiltà” è ancora la definizione più appropriata per Napoli, ma ho percepito anche una nuova linfa che proviene dai giovani che sta cercando di trasformare la miseria in bellezza.
DS: Natale è alle porte: 3 idee regalo di design
SP: Cercando di ridare un significato al Natale, vi propongo tre idee incentrate sui valori della sostenibilità, della nuova artigianalità e della solidarietà.
Per chi ha amici a quattro zampe, la Cuccia da viaggio in cartone di Paolo Ulian, edita da Corraini.
Ideale per gli amanti della natura, il vaso in legno di cipresso tornito Anni di Lorenzo Franceschinis per Hands On Design.
Per chi cerca cose preziose, una delle Gioie D’autore, disegnate da artisti e designer per Il Nodo, la onlus che opera a sostegno dei bambini cambogiani e delle loro famiglie.
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