“Progettare significa credere in un mondo migliore…”

Design Street intervista la designer britannica Ilse Crawford, da molti considerata una delle più creative e influenti designer contemporanee. Dopo un inizio di carriera come giornalista di design e architettura, fonda nel 2001 il suo StudioIlse, che oggi gestisce insieme al marito Oscar Peña.

Ilse Crawford è venuta a Milano per presentare la sua collaborazione con Carl Hansen & Søn. La designer ha creato per il brand danese una nuova cartella colori per la collezione First Masterpieces. 5 pezzi iconici nei 5 nuovi colori ispirati alle opere del pittore danese Per Kirkeby.

Nell’intervista, Ilse Crawford mi ha risposto con grande dovizia di particolari, mescolando la sua alta visione del design a aneddoti sulla sua vita privata, citando nel dettaglio i suoi riferimenti culturali e dando ottimi consigli ai giovani designer.

Buona lettura dunque a tutti voi!
Massimo Rosati

NB: Per correttezza, ho volutamente lasciato le citazioni in originale, aggiungendo comunque tra parentesi una traduzione “più o meno letterale”.


DESIGN STREET INTERVISTA ILSE CRAWFORD


MR: Cominciamo con una domanda sulla tua vita: C’è stato un momento in cui hai capito che volevi diventare un designer?

IC: No, veramente non c’è mai stato. Fin da bambina sono sempre stata interessata a come le persone percepivano gli spazi e al modo in cui gli spazi influivano sulle persone.
Da adulta ho iniziato a lavorare come giornalista di architettura e design e poi ho trovato la mia strada nel mondo del design. Del design, mi ha da sempre affascinata l’aspetto della ricerca e il modo in cui design e ricerca possano dare forma a nuove realtà.

 

 

MR: Chi sono i tuoi maestri ispiratori (in ogni campo: design, pittura, architettura, letteratura, cinema, ecc.)

IC: Sono troppi per elencarli tutti. Trovo ispirazione ovunque. Tuttavia Hans Wegner è una punto di riferimento importante per me. Ho ben 25 sedie disegnate da lui sparse tra il mio studio e la mia casa. La ragione per cui le sedie di Wegner sono ancora oggi così attuali e moderne sta nella sua costante sperimentazione e nella ricerca della forma più pura e al tempo stesso più comoda.
Tra gli “ispiratori” includerei:

  • Josef Frank per il suo approccio a un design estremamente umano.
  • Soetsu Yanagi il cui libro “The Beauty of Everyday Things” è davvero straordinario.
  • Charlotte Perriand che ha sposato così bene artigianato e modernità.
  • Tra piaceri recenti, includerei le Gallerie Egizie del British Museum.
  • Amo dipingere. Quindi il lavoro del pittore espressionista astratto Per Kirkeby è sicuramente fonte di ispirazione. Anche Ed Clark.
  • Un’altra scoperta recente è Lynette Yiadom Boakye. I suoi ritratti sono sorprendenti.
  • E il lavoro di Hana Miletic, un’artista tessile la cui recente mostra Patterns of Thrift è stata bellissima.
  • Nel campo dell’architettura, preferisco edifici progettati dall’interno verso l’esterno, che siano pensati cioè per le persone che li vivranno e li utilizzeranno. Devono inoltre distinguersi per un’elevata qualità dei materiali. Di solito preferisco gli architetti meno famosi. Tengo sempre d’occhio The Modern House per scoprire qualche gemma nascosta. Storicamente mi piace il lavoro di Sigurd Lewerentz e Louis Kahn. Oggi seguo Peter Zumthor, e 6a

 

 

MR: Qual è il tuo processo creativo? In che modo le tue idee si trasformano in progetti? 

IC: Molte volte questo non accade… Per prendere corpo attraverso il complesso processo (e contesto) di sviluppo, le buone idee richiedono un cliente attento, che si impegni adeguatamente con il progetto e il processo di sviluppo.

Insieme a questi clienti esamino a fondo il “perché” e il “cosa”, prima di passare alla fase di progettazione. Tutto ciò diventa molto più semplice se hai una mentalità e una visione veramente allineate al progetto. Per non parlare del fatto che molti progetti richiedono tempi molto lunghi per essere sviluppatii. Ne abbiamo appena finito uno che ha richiesto 5 anni. È importante avere un obiettivo chiaro in mente per vederti attraverso così tanti anni. Mi piace quello che ha detto Louis Kahn

A project,  “begin with the unmeasurable, must go through the measurable in the process of design, but must again in the end be unmeasurable. The design, the making of things, is a measurable act. (…) What is unmeasurable is the psychic spirit.” 


(Un progetto “inizia con l’incommensurabile per poi passare attraverso mezzi misurabili quando viene progettato, ma alla fine deve tornare di nuovo non misurabile”. Il design, la progettazione delle cose, è un fatto misurabile. (…) Ciò che non è misurabile è la mente umana”.)

 

MR: Quali sono state le tue maggiori difficoltà ma anche le più grandi soddisfazioni come designer?

IC: È sempre triste quando un progetto non viene realizzato. È un po’ come perdere una parte di te.
Ci sono tanti motivi per cui un progetti si ferma. I finanziamenti vengono ritirati a causa dei cambiamenti economici globali, i contesti politici cambiano, il progetto viene rifiutata, la casa madre decide di andare sul sicuro (questo è successo diverse volte durante la pandemia) ecc.

La più grande soddisfazione? Trovo che sia un vero miracolo vedere gli spazi che abbiamo progettato pieni di persone felici. Penso ad esempio a due esempi opposti: il Refettorio Felix (qui sotto) e il l’hotel Ett Hem di Stoccolma (foto qui sopra). Emozionante…
Ricordo che una volta ero all’Ikea ​​e vedevo qualcuno accarezzare uno dei nostri tavolini di sughero….

MR: Qual è l’oggetto che più degli altri rappresenta la contemporaneità?

IC: Per me non è un oggetto ma l’approccio ai grandi sistemi di produzione. Un approccio che richiede standard sostenibili e rispettosi dell’ambiante su tutti i fronti. La diretta conseguenza di ciò è una maggior attenzione ai materiali e alla loro “intelligenza”.

 


“Design is a verb, not a noun”. Ilse Crawford


 

MR: “Il design è un verbo, non un sostantivo”. Quando parlo di design nei miei corsi di formazione con i brand, cito sempre questa tua frase. Come è nata?

IC: Attraverso tante, tante conversazioni con potenziali clienti che troppo spesso pensano che il design sia solo un oggetto, un fattore estetico che viene applicato in modo casuale a un prodotto che altrimenti resterebbe anonimo. Mentre è il design risultato non solo di un processo, ma delle relazioni con tutti i soggetti coinvolti, i sogni e le realtà.

 

MR: Com’è la tua casa? Puoi descrivere la sua atmosfera? Ci sono mobili di design?

IC: La mia casa è piuttosto stratificata e molto vissuta. È in costante mutamento. Ci sono molti oggetti disegnati da noi: prototipi in fase di test, vecchi progetti che tengo per motivi sentimentali, ma anche bei pezzi d’arredo, soprattutto tessuti e comode sedute. Praticità e personalità giocano un ruolo importante.

Ad esempio, Oscar guarda il calcio. Una passione non condivisa nella nostra famiglia e che quindi necessita di un angolo speciale, tutto per lui!
Idem per la mia amaca… Mi piace rifugiarmi in un posto tranquillo dove leggere. La cucina invece è condivisa.

 

MR: Che rapporto hai con i social network?

IC: Usiamo Instagram e gli altri social per lavoro. Ma personalmente preferisco il vecchio sistema analogico per comunicare, soprattutto dopo gli eventi dell’ultimo anno. Percepire la temperatura di un ambiente, ascoltare la voce di qualcuno, conversare faccia a faccia è una cosa meravigliosa. È interessante notare la maggior parte del nostro lavoro ci arriva da persone che hanno vissuto i nostri spazi in carne e ossa.

 

 

MR: Puoi dirci qualcosa sui tuoi ultimi progetti?

IC: Attualmente stiamo lavorando a un hotel ad Amsterdam con l’architetto messicano Frida Escobedo e i designer di New York Roman e Williams. Poi stiamo elaborando una strategia per un progetto abitativo per persone anziane e siamo in fase di progettazione per una Guest House in Toscana.

 

MR: Un tuo progetto che ami particolarmente?

IC: Li amo tutti perché progettare significa credere in un mondo migliore. E man mano che vai avanti, le cose cambiano. Quindi, guardandomi indietro, segnalo il progetto dell’hotel Ett Hem perché anche il proprietario lo adora, quindi è diventato davvero una nuova realtà in tutti i sensi e ha indicato una nuova direzione per il settore. Il Refettorio Felix, perché ha dimostrato che la bellezza è apprezzata da tutti. Cecconi’s (foto qui sopra) perché non è cambiato dal 2005.
Infine la collezione Sinnerlig per IKEA (qui sotto), perché ha dimostrato che è possibile utilizzare materiali naturali e biodegradabili anche su larga scala. E il design è un ottimo strumento per convincere le persone ad apprezzarli.

MR: Come è nata la tua collaborazione con Carl Hansen?

IC: Il progetto con Carl Hansen è nato dopo una lunga collaborazione con l’azienda su vari progetti. È un brand di solida integrità e che segue ottimi processi di produzione. Per non parlare delle persone, davvero competenti e responsabili, con cui abbiamo sempre lavorato bene e che ci hanno sempre seguito.

Per questo, quando la conversazione si è spostata sulla selezione dei colori, hanno capito che si potevano fidare perché che non cercavo un espediente di vendita. Hanno eliminato 12 colori della collezione per integrare le nuove tonalità che dovranno far parte della loro offerta per circa un decennio.

Abbiamo pensato a un’edizione limitata di 5 capolavori di Carl Hansen in una nuova finitura lucida a base d’acqua (una tinta durevole ed ecologica, sviluppata di recente) che si sposa bene col rovere. Questo è anche un modo per ridurre al minimo gli sprechi. L’anno scorso, ad esempio, sono state verniciate più di 12.000 sedie che altrimenti sarebbero state scartate a causa delle variazioni di colore che il legno ha subito col tempo.

Non eravamo interessati ai colori di tendenza. Volevamo colori che si abbinassero bene con materiali naturali, che potessero essere usati in combinazioni sorprendenti e belle, e che fossero duraturi. La scelta di ispirarci ai colori delle tele di Per Kirkeby è stata innanzitutto il risultato di un grande amore per il suo lavoro (la Tate Gallery di Londra gli ha dedicato una mostra qualche anno fa). I suoi colori, ispirati a quelli della campagna scandinava, sembravano mescolarsi bene con le radici danesi di Carl Hansen.

Lo studio dei colori stesso è durato poco più di un anno. Li abbiamo selezionati, ovviamente, ma li abbiamo anche testati su diverse essenze di legno, fino a identificare una tavolozza colori che fosse sia bella che funzionale.

 

MR: Che consiglio daresti a uno studente di design?

IC: Il design è una questione personale, uno stile di vita. Deve appassionarti. Bisogna essere curiosi e farsi molte domande. E lavorare molto duramente. A volte è frustrante. Ma è una professione straordinaria!

 

 

MR: Quali sono le principali parole chiave del design contemporaneo?

IC: È nostra precisa responsabilità, con i nostri uternti, essere parte del cambiamento. Molte volte non stiamo solo progettando il mondo fisico, ma anche le loro menti. Adoro ciò che ha detto David Graeber:

“The ultimate hidden truth of the world is that it is something we make. And could just as easily make differently“.

(L’ultima verità nascosta del mondo è che è qualcosa che facciamo. E che potremmo facilmente fare diversamente”).

 

MR: Quando non lavori mentre passi il tuo tempo, cosa ti piace fare?

IC: Il design, come dicevo, è uno stile di vita. Tuttavia, a volte la testa ha bisogno di spegnersi. Per questo ho iniziato a prendere lezioni di nuoto. E ha iniziato a nuotare selvaggiamente. Lo adoro…

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Sono architetto, giornalista e blogger. Sono consulente strategico di design management e di comunicazione del design. Aiuto i business innovativi a crescere e a raggiungere i propri obiettivi nel modo più rapido, economico, efficace. Scopri di più sul mio sito ww.massimorosati.it Se pensi che posso essere d'aiuto anche a te, contattami qui: [email protected]

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