La luce come magia ed emozione. Design Street intervista Giopato&Coombes, lo studio di design fondato dalla coppia italo-britannica Cristiana Giopato e Christopher Coombes.

Abbiamo incontrato Giopato&Coombes, lo studio di design fondato dalla coppia italo-britannica Cristiana Giopato e Christopher Coombes, durante la Milano Design Week 2022. L’occasione: la presentazione di Maehwa, la nuova collezione di lampade ispirata alla fioritura dei ciliegi.

Specializzati nel settore dell’illuminazione, Cristiana Giopato e Christopher Coombes credono che la luce abbia il potere di evocare sensazioni ed emozioni negli spazi in cui viviamo, cristallizzando il tempo. Anche solo per un breve istante. Supernatural Daydream, lo chiamano. Un sogno ad occhi aperti oltre il reale che ho vissuto in prima persona, varcando la soglia della Giopato&Coombes Gallery.

Ecco cosa ci hanno raccontato.

D.S. Quando avete capito che il design sarebbe stato la vostra strada?

Christopher Coombes: Io l’ho capito durante la scuola. Ero affascinato dalla tecnologia, dalla matematica, dalla fisica. Però, erano materie troppo rigide, basate su delle regole, mentre io avvertivo il bisogno del dubbio e della ricerca. Per questo mi sono orientato verso qualcosa che mi permettesse di creare, usando la tecnologia.

D.S. E quando hai deciso di specializzarti nel settore dell’illuminazione?

Christopher Coombes: Per me era un esperimento come un altro. Non era previsto. Ci è stato commissionato un progetto di illuminazione e mi sono reso conto che questo settore mi dava la possibilità di unire le mie due anime.

Cristiana Giopato: Io, invece, ho fatto studi umanistici. Mio padre era un notaio e tutti i miei fratelli hanno seguito la sua strada. Quando avevo 14-15 anni, durante un viaggio in Nuova Zelanda ho frequentato laboratori creativi, scoprendo la mia vena creativa. Al momento della scelta universitaria, ero in dubbio se seguire anch’io le orme paterne oppure dare libero sfogo alla mia creatività. Alla fine ho deciso di provare la strada del design, sostenuta dai miei genitori.
Mi sono iscritta al corso di Disegno Industriale al Politecnico. Poi ho avvertito il bisogno di un approccio più metodologico e ho seguito illuminotecnica durante il biennio di specializzazione.

D.S. Cosa ti piace della luce?

Cristiana Giopato: La luce mi piace per la sua doppia anima. È eterea e impalpabile, ma allo stesso tempo supportata dalla scienza. Lo studio della luce mi permetteva di liberare la mia creatività avendo, però, dei punti di riferimento.

D.S. Qual è il vostro processo creativo? In che modo le vostre idee si trasformano in progetti?

Christopher Coombes: Ci conosciamo bene a livello creativo e lasciamo ognuno spazio all’altro, con un dialogo sempre molto aperto. Di solito Cristiana parte con l’idea e poi cerchiamo di capire se la strada è percorribile. Citando Renzo Piano, Cristiana “è più brava a guardare nel buio”. Quando lei inizia a intravedere un’impressione, io cerco di concretizzarla. Il confronto è, però, costante. Un po’ come quelle storie to be continued, il nostro rapporto lavorativo si evolve in un continuo passaggio di mano.

D.S. Qual è la cosa che vi unisce di più nel lavoro?

Christopher Coombes: Siamo entrambi focalizzati sulla magia e sull’emozione della luce. Pensiamo che il messaggio deve arrivare diretto, comunicando quello che deve comunicare. Niente di più.

Cristiana Giopato: Sì, ci lega il tentativo di mantenere il messaggio il più limpido possibile. In più, siamo accomunati dal fatto che nulla ci ferma. Non ci lasciamo prendere dalla paura, ma ci diamo sempre forza a vicenda.

D.S. In questi due anni di pandemia avete cambiato il vostro modo di approcciare il progetto?

Christopher Coombes: No. Anzi, la vita meno frenetica ci ha permesso di concentrarci maggiormente. C’era più possibilità di riflessione e questo ci ha portato a una libertà più ampia.

Cristiana Giopato: Questi due anni hanno rafforzato alcune cose in cui crediamo. Vogliamo che la luce e i nostri progetti siano un mezzo per sollecitare cose che le persone hanno dentro di sé. Il potere del progetto è che ti dà la libertà di andare oltre determinati confini fisici.

D.S. La leggerezza è un segno distintivo dei vostri progetti. Con Moonstone, invece, il cuore del progetto è la materia. Perché questa scelta?

Cristiana Giopato: È vero, nei nostri progetti c’è spesso la leggerezza. Però, c’è anche e soprattutto un’idea di ricerca. Con Moonstone volevamo creare dei talismani, dei custodi della casa. Da qui nascono questi pezzotti di luna dalle forme morbide. In questo caso, abbiamo fatto un lavoro più manuale. C’era la volontà di non essere associati sempre al tema del vetro.
Inizialmente avevamo immaginato Moonstone in porcellana. Sviluppando la lampada con l’artigiano, ci siamo resi conto, però, che il materiale implodeva a causa delle grandi dimensioni e abbiamo capito che non era la sua strada. Poi c’è stato tutto uno sviluppo che ci ha portato alla creazione di questo nuovo materiale: un composito formato da polvere di marmo e fibra di vetro.

D.S. Come nascono le lampade Maehwa ?

Cristiana Giopato: Maehwa nasce dalla sensazione che avevamo percepito, passeggiando in un parco a Seul. Mentre parlavamo di lavoro, abbiamo sentito intorno a noi uno strano silenzio. Era arrivato un colpo di vento e tutti si erano fermati per osservare questi petali di ciliegio simili a neve che cadevano. C’è un senso di rispetto verso questo momento e qualsiasi cosa uno stia facendo si ferma ed è partecipe di questa esperienza, sentendosi connesso con la natura e con le persone presenti in quell’istante.
È stato un secondo, ci siamo guardati e ci siamo detti: “Questo prima o poi lo porteremo in un progetto”. Quindi, non è stata un’ispirazione letterale, ma piuttosto la voglia di tradurre una sensazione di delicatezza, leggerezza e vitalità.

Christopher Coombes: Ma anche una sensazione di fragilità. La fragilità di questi petali che cadono con un colpo di vento. Però, non pensavamo a una lampada. Non è stato un passaggio immediato. Soltanto dopo, in studio, abbiamo cominciato a parlare di questo momento. Settimana dopo settimana ci abbiamo ripensato.

D.S. Come avete tradotto questa sensazione in Maehwa?

Cristiana Giopato: La volontà era di ricreare il senso di movimento delle fronde nello spazio. Ho cercato di capire quali fossero gli elementi che avrebbero suggerito questo movimento e sono andata a disegnare uno scheletro curvilineo che mi consentiva di portare la luce in diversi punti dello spazio a livello tridimensionale, con linee morbide e organiche. 
Da lì è partita la ricerca tecnologica per individuare chi avrebbe potuto creare queste strutture tridimensionali. Dapprima abbiamo trovato una tecnologia in Giappone, poi un rivenditore in Germania e alla fine uno a Vicenza, tornando all’interno del nostro km zero (N. d. A. tutti gli artigiani che lavorano con Giopato&Coombes sono raggiungibili in un’ora di macchina).
Poi abbiamo condotto uno studio sugli elementi modulari e su questi vetri soffiati con la tecnica a lume, leggermente diversi l’uno dall’altro, che pian piano sono andati a popolare il ramage, creando una composizione ricca e movimentata.

Christopher Coombes: Abbiamo cercato di creare una sorta di ritmo regolare degli elementi. Da qui la scelta del vetro soffiato e delle sfumature di colore applicate a mano, e per questo tutte diverse, che suggeriscono un’idea di movimento. Anche il cavo elettrico ha un leggero movimento. Tutto è stato pensato per dare alla lampada una piacevole sinuosità e irregolarità.

D.S. Moonstone ci porta sulla luna, Maehwa ci porta tra i fiori di ciliegio. In questi progetti si può leggere una voglia di fuga in un altro mondo?

Cristiana Giopato: Il tema del viaggio è per noi un momento personale. Non lo vediamo tanto come una via di fuga, ma come un tempo in cui riservare momenti per se stessi. È un concetto diverso, perché fuggire significa non essere contenti della situazione in cui ci si trova. Il viaggio è, invece, per noi un momento di scoperta e di meraviglia.

D.S. C’è un vostro progetto a cui siete più legati?

Cristiana Giopato: Flauti e Bolle perché hanno aperto la nostra nuova dimensione lavorativa come imprenditori. Il potersi prendere cura del progetto dall’inizio alla fine e l’avere contatti con gli architetti e il mercato. La qualità del dettaglio e le possibilità di personalizzazione a cui riusciamo ad arrivare oggi non sono comparabili con quelle di quando lavoravamo per altre aziende, proprio perché adesso dobbiamo seguire tutte le fasi.

Christopher Coombes: Le Bolle perché ci hanno fatto rendere conto del potere emozionale del progetto. La meraviglia delle bolle di sapone, il tornare un po’ bambini. Vedevamo la gioia negli occhi delle persone e questo per noi è stato toccante.

D.S. Ci sono maestri dell’illuminazione che vi ispirano?

Cristiana e Christopher: Achille Castiglioni e Ingo Maurer.

Cristiana Giopato: Ingo Maurer per la poesia.

Christopher Coombes: Ma anche per come riusciva a usare i materiali, per la concretezza impalpabile dei suoi progetti. Il mix tra qualcosa di molto concreto e qualcosa di molto effimero. 

Cristiana Giopato: Di Castiglioni ci piace l’aspetto funzionale unito all’eleganza. E amiamo la parte gioiosa. Nei suoi progetti percepisci sempre la positività, la gioia di vivere.

D.S. La casa è diventata centrale per tutti noi in questi ultimi due anni. Com’è la vostra casa? 

Christopher Coombes: Lo studio è pieno di campioni, materiali e colori. La casa è, invece, una scatola bianca, con grandi vetrate che affacciano sul giardino. Siamo sempre così concentrati sul lavoro che a casa sentiamo la necessità di depurare la vista. Per questo abbiamo creato un ambiente zen, una sorta di centro di meditazione.
Le cose particolari preferiamo tenerle in studio, perché è lì che abbiamo bisogno di essere circondati da ispirazioni.

Author

Una laurea in Lettere Moderne e un amore sconfinato per il design. Mi occupo di comunicazione, creando contenuti per agenzie di comunicazione, studi di design e aziende di arredamento.

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