Dopo aver raccontato le impressioni generali sul Salone del Mobile 2016, mi addentrerò qui in un resoconto un po’ più dettagliato di quello che ho visto e di quello che mi ha colpito in fiera e alla Milan Design Week. Mi piace l’idea di condividere con voi i pensieri che mi sono venuti in mente girando come una trottola dentro e fuori dalla fiera per 7 giorni, per 12 ore al giorno. Ho stilato una specie di relazione finale, assolutamente personale e quindi opinabile. Un almanacco di pensieri che ho trascritto giorno dopo giorno sul mio fantastico taccuino (vedi alla lettera G), un Abecedario che, dalla A alla Z, vi racconta il meglio (e il peggio) del Salone del Mobile e del Fuorisalone.
Ecco dunque la seconda puntata (M-Z). Qui trovate la prima puntata (A-L)
M come MAESTRI
È incredibile come il design con la “D” maiuscola, col passare degli gli anni, invecchi benissimo. Anzi, direi proprio senza invecchiare affatto. È bello vedere come i grandi brand del design, da Knoll a Vitra, da Carl Hansen & Sohn a Thonet, da Cassina a Zanotta, custodiscano con amore e ci ripropongano le grandi icone di sempre, firmate dai più grandi mastri del design come Mies van der Rohe, Eero Saarinen, Le Corbusier, Frank Lloyd Wright, Piet Mondrian, Marc Stam, Hans Wegner, Ray e Charles Eames, oltre ai nostri Ponti, Castiglioni, Sottsass, Colombo, Magistrati e altri.
È bello ritrovare ogni anno questi capolavori esposti negli stand, così belli e così rassicuranti. Gli oggetti che noi tutti vorremmo avere in casa, di cui tutti siamo innamorati. Ed è anche triste constatare che dopo quasi un secolo la loro ombra lunga continua a oscurare quasi tutti i pezzi dei designer di oggi…
N come NESSUNO
Il premio “street art” alla migliore performance artistico-cinico-ironica va a quell’anonimo che ha attaccato questo fantastico pezzetto di carta nel cuore del design internazionale, in zona Ventura. Come un Savonarola del design, questo “Anonymus del Fuorisalone” ricorda ai designer rampanti di non montarsi troppo la testa. Un grande!
O come Opportunità
La cosa bella del Fuorisalone è che offre a tutti un’opportunità. È incredibile vedere designer provenienti da ogni parte del mondo – Nordeuropa, Estremo Oriente, Sudamerica, Australia, Stati Uniti, Africa, Medio Oriente – confluire a Milano per presentare i loro prodotti in cerca di un’azienda che li scopra e che metta in produzione i loro prototipi. Non succede in nessuna altra città e questo, evidentemente, significa qualcosa. La Design Week di Milano è la più grande, viva, frequentata e importante al mondo e i suoi numeri lo confermano. Speriamo di non rovinarla o di non farcela portare via…
P come Party
Devo dire che non sono un grande appassionato di party, cocktail, eventi esclusivi. Però quelli che si organizzano al salone del mobile sono spesso molto divertenti. C’è chi organizza concerti, come fa Interni alla Statale di Milano, chi propone recite teatrali: chi invita grandi chef per lo showcooking (se non fai uno showcooking, non sei nessuno…), chi grandi artisti per una performance live. Chi organizza buffet pantagruelici, chi ti rifila patatine, salatini e Fanta come all’oratorio o alla festa dell’asilo. Ogni occasione è buona per festeggiare. Non importa cosa fai, l’importante che si organizzi un party!
…E mi torna in mente il John Belushi di Animal House quando incita i compagni del college al più celebre toga party della storia del cinema. “To-ga! To-ga! To-ga!”
Q come QUARANTAMILA
Mi permetto una divagazione personale che però riguarda non solo me ma tutti voi che seguite Design Street. La nostra community social ha raggiunto lo straordinario numero di 40.000 follower e per festeggiare in un colpo solo i 5 anni di vita di Design Street (nasce infatti nell’aprile 2011) e la sua fedele e attiva community (che cresce a ritmi medi di 500 fans a settimana!) abbiamo pensato ad un restyling del blog che compare nella sua nuova veste più fresca, ariosa, facile da leggere. Se abbiamo raggiunto questo grande traguardo, e lo abbiamo fatto insieme, è per la passione che ci accomuna: quella per la creatività, per il design, per le idee intelligenti. Grazie tutti!
R come RASHID
Io non amo particolarmente Karim Rashid, come non mi sento vicino a tutti quei designer che prediligono la bella forma all’idea forte, o che disegnano pensando più a se stessi che all’azienda con cui lavorano. Non mi piace ch lega il proprio nome a uno stile personale, riconoscibile, sempre simile a se stesso. Ma quando ho visto la cucina che ha disegnato per Snaidero mi sono ricreduto e l’ho apprezzato molto. Per due ragioni. La prima è che il progetto è decisamente bello, semplice, intelligente, fresco, leggero. La seconda è perché va decisamente controcorrente. Circondato da cucine mausoleo, simili più ai blocchi monolitici in granito della Piramide di Tutankhamon che a un ambiente funzionale di lavoro e di relazioni, la cucina disegnata da Karim Rashid sembra l’unica progettata per una casa vera, come quelle di tutti, pensando a spazi comodi, pratici, allegri… umani, insomma. Bravo Karim. Mi manca solo di sapere il prezzo, perché se questa cucina non costasse un occhio della testa, sarebbe il progetto più intelligente di Eurocucina. Se invece la tua firma la fa costare come quella di Tutankhamon, allora scelgo quella. Almeno è destinata a durare in eterno!
S come STAND
Quest’anno ho apprezzato in fiera oltre ai prodotti, anche i contenitori: gli stand. Devo ammettere che è stato un piacere vedere tanta cura negli allestimenti: eleganti e quasi mai pesanti o ridondanti. Per la prima volta ho notato che l’orrida tendenza a farsi lo stand creativo (“famolo strano…”) o completamente chiuso all’esterno come un caravanserraglio arabo, ha lasciato spazio a forme più aperte e semplici e ai colori (i toni pastello scandinavi – verde salvia, rosa cipria, azzurro polvere, grigio tortora e giallo senape – la facevano da padrone!). Lo stesso vale anche per gli allestimenti: freschi, aperti, non troppo carichi, non troppo pesanti o barocchi. Spiccava come al solito l’enorme stand Kartell, come sempre il più spettacolare, il più colorato, il più glamour (loro se lo possono permettere!) che quest’anno era dedicato ai designer che hanno collaborato con l’azienda. Una stanza a designer. Bellissimo come al solito, perché ci stupisce ogni anno senza ripetersi mai.
T come TORTONA
Un capitolo a parte lo voglio dedicare alla zona Tortona. Tutti quelli che ho incontrato mi hanno confessato di esserne rimasti delusi. Sostengono che è cambiata, che non è più quella di una volta, che si è trasformata in un grande centro commerciale, in un circo, in un luna park… Io fondamentalmente mi trovo d’accordo, ma non vedo in tutto questo un cambiamento in negativo. Anzi. È vero che è cambiata, ma né in peggio né in meglio. Se escludiamo il Superdesign Show di via Tortona, forse l’unica enclave del design rimasta, la zona si è negli anni trasformata in un grande polo di attrazione di masse, il luogo ideale per fare grandi eventi, per allestire scenografie spettacolari, per colpire un pubblico non solo di addetti ai lavori, ma molto più ampio. Non è un caso che questo quartiere sia stato scelto dalle più grandi case automobilistiche, dai colossi della tecnologia orientale, da multinazionali come Heineken, Coca Cola, Red Bull, Pepsi, da colossi come eBay, Citizen, Whirlpool e molti altri. Sono convinto che se Apple, Google o Facebook dovessero fare un grosso evento al Fuorisalone, lo farebbero qui.
Per me questa tendenza alla specializzazione dei quartieri (grossi eventi in Tortona, design in Brera, sperimentazione internazionale in Ventura, ecosostenibilità in cascina Cuccagna e così via) sia positiva per Milano e per la sua Design Week. Io vedrei bene anche una zona dedicata agli artigiani (vedi lettera “A” nel precedente post A-L), una ai designer autoprodotti, una alle nuove tecnologie, una alla grafica e così via. Così diventa più facile per tutti decidere su quale district concentrarsi e quale escludere, in base agli interessi personali.
U come USER EXPERIENCE
Sta crescendo la tendenza a raccontare i prodotti coinvolgendo il pubblico una user experience che colpisca tutti i sensi. Installazioni dove suoni, luci, movimenti, forme, profumi si mescolano creando emozioni più o meno memorabili. Straordinaria la già citata esperienza proposta in zona Tortona da Citizen (già vista l’anno precedente in Triennale) o quella di Panasonic in Brera. Un modo intelligente per lasciare un segno profondo e porre interrogativi. Chi volesse approfondire il tema può leggere il nostro post dedicato alle User Experience al Fuorisalone.
V come VENTURA
Altro quartiere controverso che, come zona Tortona, si ama o si odia. Io lo vedo sempre volentieri, soprattutto le scuole di design straniere. Mi piace vedere come i giovani vedono e interpretano il futuro attraverso il design. Per il resto vale lo stesso commento della lettera “T”. Approfittando della sua allure internazionale e del fatto che ospita già loft, studi di creativi, gallerie d’arte e di design, io suggerirei agli organizzatori di specializzearsi ancora di più sulle scuole, sulla ricerca, sull’innovazione, sulla sperimentazione… magari escludendo dalla selezione quegli pseudo-designer fricchettoni da mercatino di Natale, che ne abbassano il livello e ne compromettono la credibilità (e purtroppo sono tanti). Ne va del futuro del distretto. Meditate gente, meditate.
W come WANDERS
Considero Marcel Wanders un genio. Non tanto come designer, ma come persona in grado di costruire emozioni, raccontare storie, comunicare i propri prodotti, creare seguaci. In questo è insuperabile. È come un Re Mida del design che trasforma in oro tutto quello che tocca. E la sua installazione Unespected Welcome nel suo grande spazio in via Savona ne è ancora una volta la conferma. Per il quarto anno consecutivo l’allestimento di Moooi si conferma uno degli appuntamenti più attesi e, stranamente, è sempre all’altezza delle aspettative che aumentano di volta in volta. L’evento di Moooi lo si aspetta da un anno all’altro. Chi sa cosa si inventerà questa volta Marcel Wanders? Quest’anno il “geniaccio” olandese ha anche ricreato un piccolo mondo Moooi per bambini, con la collezione per Cybex e ha superato se stesso con lo straordinario lampadario Le Roi Soleil disegnato per Baccarat e esposto alla Pinacoteca di Brera. Bravo Marcel. Stupiscici anche l’anno prossimo!
X come X-FACTOR
Come in ogni X-Factor che si rispetti, le scelte dei giurati possono essere condivise o contestate dal grande pubblico. Questo è il bello dello spettacolo. Io quest’anno ho scelto due Brand relativamente nuovi e poco conosciuti.
Per la categoria aziende, ho scelto un’azienda francese che ho visto in fiera, Alki, che crea mobili in legno con un design minimale ma estremamente curato e ben disegnato. Uno stile che è po’ scandinavo e un po’ giapponese. Alki è un’azienda che ho scoperto l’anno scorso a Stoccolma, di cui ho già parlato in un post su Design Street, e che mi ha colpito anche quest’anno.
Per la categoria designer, ho scelto un designer italiano (finalmente!) che ho trovato nel basement del Superdesign Show di via Tortona. Emanuel Gargano. Emanuel lo avevo conosciuto quando ha presentato dei prodotti disegnati per Amura. Molto belli sia le librerie in metallo, sia la collezione sassi, di cui abbiamo già parlato in passato). In quell’occasione mi aveva parlato della sua collezione di lampade, o meglio, di oggetti luminosi, che ho finalmente visto esposta. Una più bella dell’altra. Il design coma piace a me. Una serie di segni forti, semplici, poetici, espressivi.
Dico bravi a entrambi, anche se glie l’ho già detto di persona più volte!
Y come YOUNG
Quest’anno si è parlato molto di bambini. E per fortuna… Da quando i coniugi Eames hanno creato il celeberrimo elefantino in legno curvato (oggi riproposto da Vitra in materiale sintetico colorato), pochi altri designer si sono dedicati ai più piccoli. Lo fa Magis da qualche anno con una collezione ad hoc, lo ha fatto Kartell quest’anno con una bellissima linea disegnata da tre fra i più grandi designer del secolo. Starck, Laviani e Nendo, lo ha fatto Cybex con i complementi firmati Marcel Wanders.
Z come ZEN
Se parliamo di Zen, parliamo ovviamente del più Zen tra tutti i designer. Il giapponese Oki Sato, fondatore dello studio Nendo. Nendo ci aveva colpiti l’anno scorso con la bella mostra monografica al Palazzo delle Esposizioni in via Turati. Quest’anno si è ripetuto al chostro di S. Simpliciano, in Brera, con la mostra 50 sedie Manga, disegnate per Friedman Benda. Pare che di giorno il sole togliesse poesia all’installazione. Fatto sta che io l’ho vista (non per mia scelta) di sera e sono davvero rimasto colpito. Tutto intorno al chiostro, con le arcate chiuse da tende nere, una panca a gradoni dava la possibilità all’osservatore di sedersi e di godere dell’atmosfera onirica. Un giardino zen di ghiaia bianca costellato di 5° sedie, 50 variazioni su tema, ispirate ai fumetti giapponesi. Il luogo ideale per una mezz’ora di meditazione tra un evento e l’altro. Bravo Nendo! Sei sempre il mio designer preferito!
1 Comment
Bravo Massimo! Letto con grande interesse le due puntate di analisi del Salone del Mobile e Fuori Salone: condivido quasi tutto quello che hai scritto.
Tra le cucine “a misura di persona normale” ti segnalo -nel caso non avessi fatto in tempo a visitare lo showroom Schiffini- Lepic, disegnata dal grande Jasper Morrison per Schiffini: bella e possibile.
A presto
Peppa