A Milano apre Spica, un ristorante le cui parole d’ordine sono colore e multiculturalità.

Multiculturale, eclettico, colorato. Spica, il nuovo ristorante firmato da Vudafieri-Saverino Partners, che ha da poco aperto le porte a Milano, di certo non ha paura di osare. Nato da un’idea di Ritu Dalmia e Viviana Varese, Spica propone un percorso gastronomico fra 4 aree geografiche: sud-est asiatico, sub continente indiano, Europa e America. Un viaggio che racconta la stratificazione di culture dei Paesi incontrati dalla chef Rita Dalmiu che, partendo dall’India, ha attraversato tutta l’Asia fino ad arrivare a Milano.

Il concept di Spica

Il giro per il mondo di Rita Dalmiu si è tradotto nell’interior disegnato da Vudafieri-Saverino Partners in un’atmosfera eclettica, dove le suggestioni asiatiche si mescolano con richiami a maestri del design milanese, come Ettore Sottsass e Franco Albini.

L’omaggio a Sottsass è evidente nello stile libero dei portali che scandiscono gli spazi, decorati con carte da parati colorate e accenti geometrici fluo. Una scelta di grande impatto visivo che contrasta con la base neutra dei soffitti.
Il richiamo a Franco Albini si percepisce invece nei due mobili progettati per l’ingresso e la sala ristorante. In laminato noce, con struttura in ferro verniciato nero e dettagli in ottone, i due arredi espongono oggetti che richiamano i ricordi dei viaggi della chef.

Un layout basato sulla dottrina Vastu

Il rimando al mondo asiatico è presente anche nel layout del locale, disegnato in base alle regole della dottrina architettonica Vastu. Una disciplina nata in India oltre 5.000 anni fa, secondo cui le abitazioni dovrebbero essere costruite seguendo le leggi della natura, per poter avere spazi capaci di trasmettere benessere. Da qui deriva la scelta di disporre gli ambienti di Spica verso i punti cardinali consigliati dal Vastu.

Un ex edificio industriale che conserva tracce della sua storia

Situato all’interno di un ex edificio industriale, con ampie vetrate che si affacciano sulla strada e sul cortile interno, Spica conserva tracce del suo passato, come il pavimento in seminato e una parete che mostra i segni delle stratificazioni del tempo.
Le sei vetrine su strada, apribili per creare continuità fra interno ed esterno, sono vestite con una tenda colorata, che introduce al vivace ambiente del ristorante.

Un mix eclettico di arredi

All’ingresso, i clienti sono accolti da un bancone di 8 metri, con top in ottone polverizzato e sfondo in vetro anticato, che richiama i bar milanesi degli anni ’60.
Nella zona lounge trovano posto quattro tavoli rotondi, nella stessa finitura del bancone, e poltroncine e sgabelli, che ricordano le forme dell’iconica sedia Luisa di Franco Albini.
Nella sala ristorante a catturare lo sguardo ci pensano le enormi lampade di Andrea Anastasio, ispirate agli strumenti agricoli tipici indiani. Mentre le colonne e le pareti sono impreziosite dalle opere dell’artista sudafricano Sieberhagenc. Una serie di sagome in metallo verniciato nero e tagliate a laser, che interpretano in chiave ironica i simboli della cultura italiana.
Per finire, il bagno caratterizzato sempre da un’atmosfera fuori dagli schemi, grazie alle pareti iperdecorate e agli irriverenti specchi di Seletti.

Insomma, un interior allegro e rilassato dove a contare sono soprattutto le emozioni.

Foto: Nathalie Krag.

Author

Una laurea in Lettere Moderne e un amore sconfinato per il design. Mi occupo di comunicazione, creando contenuti per agenzie di comunicazione, studi di design e aziende di arredamento.

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