Design Street intervista Luca Papini. Tra rubinetti a basso impatto ambientale, carte da parati ‘trasferite’ sui sanitari e climatizzatori dalla presenza discreta
Abbiamo incontrato Luca Papini, designer di origini bresciane, ma con tanto cuore in Toscana, alla vigilia di un anniversario importante: i venti anni di attività del suo studio. Dopo le prime collaborazioni con Giovanni Levanti e Prospero Rasulo, Papini apre infatti il suo studio nel 2005, focalizzandosi su product design, art direction ed exhibition design. Venti anni di attività in cui lo studio si è confrontato con i progetti più disparati: dalle rubinetterie ai climatizzatori, dai sanitari e lavabi per il bagno ai soffioni doccia, dalle carte da parati alle librerie e agli accessori per la casa.
Ecco cosa ci ha raccontato.
Quando hai capito che il design sarebbe stato la tua strada?
Probabilmente questa cosa era dentro di me fin da piccolo. Mi è sempre piaciuto disegnare e, tra i primi libri che hanno destato il mio interesse, ci sono quelli di Bruno Munari. Quindi, per me è stato un percorso naturale. Dopo la scuola, mi sono iscritto alla Facoltà di Architettura a Firenze, ma poi ho capito che il mio vero interesse era per il prodotto e ho deciso di proseguire i miei studi allo IED di Milano, seguendo il corso di Industrial Design. Da lì sono partito, lavorando prima con Giovanni Levanti, uno dei più stretti collaboratori di Andrea Branzi, e poi con Prospero Rasulo, fino ad aprire il mio studio nel 2005.
Forma, funzione, materia. Da cosa parti di solito nei tuoi progetti?
Direi che dipende dalle fasi della vita. Forse 20 anni fa ti avrei risposto la forma, oggi invece sono attratto dall’idea di movimento. Una ricerca presente, ad esempio, nella libreria Deep che ho disegnato per Roche Bobois. Alternando nicchie a giorno e spazi contenitori di forma quadrata e rettangolare, ho infatti creato un gioco dinamico sulla parete. Un dinamismo accentuato dall’ombra di luce che sembra staccare i singoli elementi dal pannello di supporto, dando la sensazione che stiano fluttuando nello spazio. Altra cosa che mi sta a cuore è la progettazione di soluzioni a basso impatto ambientale. Un esempio sono i rubinetti Otto e LK01 per Idral. Otto è un lavabo a fotocellula per Autogrill, con alimentazione a batteria, che presenta una chiusura dopo 1 minuto di erogazione continua. LK01 è invece pensato per la cucina, sempre in una chiave di risparmio idrico. La fotocellula permette di aprire e chiudere l’acqua con un solo gesto, agevolando i nostri movimenti in cucina, dove abbiamo spesso le mani sporche o impegnate. E anche in questo caso c’è un’erogazione controllata di 1 minuto per ridurre gli sprechi.
Nel corso della tua carriera hai sperimentato diversi materiali. Ce n’è uno con il quale preferisci lavorare?
Mi piacciono i materiali ricchi di storia come il vetro e la ceramica. Non parlo però della ceramica che si utilizza di solito per i lavabi e i sanitari, ma di quella lavorata al tornio. Un mondo pieno di sfaccettature, scandito da gesti lenti e attenti, che ho scoperto grazie alla recente collaborazione con Terzofoco (N. d. A. una boutique factory di lavabi di lusso per cucine e bagni).
Interesse per le lavorazioni artigianali, ma anche una grande attenzione alla tecnologia, come nella pompa di calore Støne che hai disegnato per Innova, selezionata per l’ADI Design Index nel 2021. Come nasce il progetto?
Støne nasce dall’idea di sostituire le pompe di calore che ci sono sulle facciate dei palazzi storici. Si tratta infatti di una soluzione ad altissima tecnologia con una presenza discreta in esterno e un ridotto ingombro di installazione, disponibile inoltre in numerose configurazioni. In particolare, nella versione a incasso la macchina scompare completamente, lasciando alla vista solo il pannello traforato necessario per l’ingresso dell’aria.
Sempre per Innova, ho disegnato 2.0, un climatizzatore senza unità esterna. Per far entrare e far uscire aria, sono infatti impiegati solo 2 fori da 162 mm, che possono essere verniciati anche dello stesso colore della facciata, in modo da dissolversi quasi.
Sei creatore e art director di Ink Bath System per Inkiostro Bianco, un sistema che permette di creare ambienti coordinati. Puoi raccontarci il progetto?
L’idea iniziale era di disegnare una collezione di carte da parati in fibra di vetro (N. d. A. materiale adatto al contatto diretto con l’acqua), poi ho pensato di estrapolare dai wallpaper dei decori da applicare sui sanitari. In pratica, lo stesso pattern può decorare la parete, il lavabo o altri elementi della stanza, creando così un progetto coordinato. Un total look a cui il mercato sta rispondendo molto bene.
Altri progetti a cui hai lavorato ultimamente?
Neos per SDR Ceramiche, un progetto che è l’evoluzione di Revolution, la prima linea per il bagno realizzata completamente in Solide Surface. La collezione, presentata in aprile durante il Salone del Bagno 2024, si caratterizza per la purezza formale e per la ricca gamma cromatica che spazia dalle nuance naturali ai toni pastello.
Un progetto che ti piacerebbe realizzare in futuro?
Fin da piccolo ho sempre avuto il sogno di disegnare una casa sull’albero e oggi, con tutti gli hotel sugli alberi che ci sono, il sogno potrebbe davvero tradursi in realtà. Oltre a questo desiderio che mi accompagna da sempre, in futuro mi piacerebbe progettare una lampada e lavorare nel mondo della nautica, disegnando una imbarcazione.