Design Street intervista Luca De Bona e Dario De Meo, fondatori di Debonademeo Studio. Tra ossimori, viaggi sinestetici e sperimentazione materica
Abbiamo incontrato Luca De Bona e Dario De Meo, fondatori dell’omonimo studio Debonademeo, alla vigilia della Milano Design Week. Un appuntamento che si preannuncia per loro particolarmente denso di progetti interessanti. Primo fra tutti il secondo appuntamento di “Adrenalina incontra”, un percorso pensato per esplorare la creatività in diversi settori che quest’anno ha portato i due progettisti a confrontarsi con il mondo dei non vedenti e ipovedenti. Un viaggio nel ‘buio’ che si è tradotto nella creazione di Aedo, un divano modulare dalle forme elementari e privo di spigoli, confortevole sia al tatto che alla vista.
Ecco cosa ci hanno raccontato su Aedo e sugli altri progetti che presenteranno tra Salone e Fuorisalone.
Come nasce un progetto all’interno di una coppia creativa? E quali sono le vostre singole specificità?
Luca De Bona: I progetti di Debonademeo sono davvero frutto del pensiero e del contributo di entrambi. Nascono quasi sempre da una fusione. Trascorriamo tantissimo tempo viaggiando, visitando i fornitori, sporcandoci le mani. E da questi viaggi, da questi dialoghi e da queste esperienze prendono vita i progetti, un po’ come se fossero già lì e alla maniera di Michelangelo andassimo a cavare materia dalla pietra. Poi certo ci sono delle differenze nell’approccio. Io ho una formazione da architetto e, dunque, tendo a guardare di più la forma e la proporzione, considerando l’oggetto come parte di uno spazio architettonico. Parto sempre dal generale per arrivare al particolare.
Dario De Meo: Io tendenzialmente faccio l’opposto. Sono un designer e, quindi, il mio punto di partenza è il particolare, l’oggetto. Poi il progetto ce lo passiamo di mano in mano. Un po’ come gli artisti che si devono allontanare dal quadro per capire se funziona, così noi ci allontaniamo per capire con altri occhi cosa sta accadendo al progetto che stiamo portando avanti. Dunque, modelliamo l’idea insieme fino ad arrivare al risultato finale. Non è sempre facile, ma proprio dalle difficoltà arrivano i progetti migliori, perché cerchiamo di fare quel passo in più che ci permette di trovare soluzioni inusuali e innovative.
I rimandi all’arte sono importanti nel vostro lavoro, come dimostra per esempio la ricerca filologica che avete condotto per Adrenalina con il progetto di riscoperta di Remo Brindisi. Da dove nasce questo approccio?
Dario De Meo: L’arte e, più in generale, la storia è qualcosa che ci accomuna. Spesso partiamo da ciò che è stato per poi trasformarlo e riportarlo nel contemporaneo attraverso le contaminazioni con la tecnologia o con le nuove tendenze.
Luca De Bona: Sì, ci accomuna l’arte ma anche e soprattutto il viaggio. Per noi è fondamentale la dimensione della scoperta. Qualche anno fa un giornalista aveva definito il nostro approccio progettuale dell’hic et nunc, perché ci piace recuperare parte del passato e guardare al futuro, fermandoli però nel presente. Nel nostro lavoro di direzione creativa per Adrenalina, abbiamo da un paio di anni provato a sdoppiare la natura dell’azienda, lavorando da un lato sul catalogo e dall’altro sulle sue fonti di ispirazione. Dunque, abbiamo intrapreso questo percorso “Adrenalina incontra”, un viaggio che ogni anno esplorerà la creatività in settori diversi. L’anno scorso abbiamo incontrato Casa Museo Remo Brindisi e Nanda Vigo, progettista dello spazio. Un incontro che ci è servito per mostrare come i prodotti di Adrenalina possano essere adatti non solo a spazi comuni o legati al mondo dell’entertainment – destinazione per cui erano nati con la firma di Simone Micheli – ma anche a luoghi culturali. L’idea è stata quella di togliere il colore, per evidenziare come il buon design possa parlare anche solo con forme e segni. E, in questo percorso, è stata utile un’abitazione tutta bianca come quella di Remo Brindisi pensata per far convivere persone, opere d’arte e design.
Veniamo al vostro ultimo progetto per Adrenalina: Aedo, il divano nato in collaborazione con persone non vedenti e ipovedenti. Com’è nata l’idea?
Luca De Bona: Quest’anno ci siamo chiesti cosa sarebbe accaduto se al buon design avessimo tolto non solo il colore, ma addirittura la vista. Per questo abbiamo pensato di rivolgerci al mondo dei non vedenti e ipovedenti, che hanno un approccio primordiale e antropologico alle forme del design. Un modo per riscoprire quello che il design dovrebbe essere: qualcosa che è bello perché è buono e ha forme che si adattano all’organicità di chi le utilizza.
Innanzitutto, abbiamo chiesto a questi ragazzi di provare i prodotti di Adrenalina e poi di disegnare con dei gesti le forme che rispondono alla loro idea di comfort, ma anche al loro concetto estetico. Pensavamo che da questo viaggio nel buio sarebbero nate forme insolite e, invece, il risultato è stato meno inaspettato di quello che immaginavamo. Le persone non vedenti e ipovedenti hanno infatti bisogno di geometrie facili da decifrare. Inoltre, questo viaggio nel buio ci ha portato paradossalmente in un mondo di luce e colore. Le persone non vedenti vogliono, infatti, case con colori definiti e prodotti con tonalità coerenti, proprio perché il colore non è legato solo alla vista ma anche a un codice mnemonico, multisensoriale e sinestetico. Con il colore riescono a rivivere emozioni e sensazioni. E, nello sviluppare questo progetto, ci siamo affidati a delle istituzioni: il Museo Tattile Statale Omero di Ancona, uno spazio che permette alle persone non vedenti di conoscere le opere d’arte tramite il tatto, e l’Istituto Ciechi Francesco Cavazza di Bologna, che si occupa di formazione e integrazione delle persone non vedenti e ipovedenti.
E il risultato di questo percorso qual è stato?
Luca De Bona: Un divano pensato e progettato insieme alle persone non vedenti che si rivolge però a tutti. È stato come tornare all’aspetto ancestrale del divano inteso come microcosmo, come qualcosa che possa essere adattato alle proporzioni umane e che sia confortevole dal punto di vista tattile. Lo abbiamo chiamato Aedo perché è un divano nato da storie di vita vissuta che vuole però aprirsi a nuove storie, in quanto ognuno lo può interpretare come preferisce. È composto di cuscini che diventano dei moduli, in grado di contenere una singola persona o più persone a seconda di come vengono organizzati. E ha degli elementi contenitivi nascosti perché i ragazzi non vedenti considerano importante avere dei punti fermi in cui trovare le cuffie del telefono o i libri. Una cosa che abbiamo pensato potesse essere utile a tutti.
In quali spazi sarà possibile vedere Aedo durante la Milano Design Week?
Luca De Bona: Aedo sarà presentato all’interno della collettiva MoscaPartners Variations, in una delle sale di Palazzo Litta, con un allestimento pensato per connettere il mondo dei vedenti e quello dei non vedenti. Uno spazio che possa essere accessibile a tutti, animato da elementi sonori e immerso nel giallo, perché da studi scientifici risulta il colore meglio percepibile da persone con deficit visivi. Il divano al centro dell’allestimento sarà rivestito in raso giallo, materiale che ci sembrava adatto per il suo suono e per le sue particolari increspature. Inoltre, sul rivestimento ci saranno i pallini del braille, che riportano le frasi pronunciate dai ragazzi durante gli incontri con Adrenalina. Una ‘cucitura’ che diventa uno strumento di lettura e conoscenza per i non vedenti, e che sembra invece un ricamo per chi vede.
Aedo sarà presente anche al Salone del Mobile con un rivestimento in velluto. In un’ottica di responsabilità ambientale, abbiamo riutilizzato le cinghie usate per attutire gli urti dei divani, diventate qui elementi verticali. L’allestimento in fiera, curato sempre da noi, si chiama “Intrecci”, nome che allude a un incontro tra persone, culture e funzioni.
Inoltre, sempre per Adrenalina abbiamo disegnato Metagramma, un sistema di sedute informali per spazi museali, foyer dei teatri e sale di attesa.
Un altro progetto molto interessante che avete presentato di recente è La Cucina Zero, un concept innovativo che avete ideato per Oikos. Come avete approcciato il mondo cucina?
Dario De Meo: Abbiamo rilanciato Oikos proponendo un nuovo modo di pensare alla cucina. Una cucina zero, elastica, completamente modulabile dai progettisti. Per presentare il progetto a EDIT Napoli 2024, abbiamo impiegato un nuovo materiale composto da fibre di canapa riciclata, resina vegetale e scarti di travertino, prodotto in collaborazione con Chroma Composites, un’azienda di Benevento che dà nuova vita ai materiali di scarto provenienti da varie filiere.
E sempre con Chroma Composites porteremo anche un nuovo prodotto alla Milano Design Week: Desideria, una lampada da terra realizzata con elementi di scarto, che incarna la filosofia dell’azienda.
Luca De Bona: Sì, Chroma Composites ha nel suo DNA la sostenibilità e voleva un prodotto rappresentativo della sua identità per l’installazione di DesignWanted, a Isola. Da questa esigenza è nata Desideria, che etimologicamente indica il tendere verso le stelle. La lampada, che ha una forma tradizionale, è composta da una stratificazione di materiali. Il marmo di scarto utilizzato proviene dalle stesse cave da cui i Borbone hanno estratto il marmo per la Reggia di Caserta (il marmo di Vitulano). Si tratta dunque di un materiale a km 0.
Altri progetti che presenterete alla Milano Design Week?
Dario De Meo: Parteciperemo alla mostra “Magnificat. Alchimie e devozione nel nuovo design”, curata da Paolo Casicci, nello Spazio Vito Nesta, con tre prodotti: Ossimori e Alchimie per Incalmi, e la collezione Lido per Medulum, un sistema di complementi d’arredo lanciato in anteprima a Maison&Objet, in gennaio, che comprende coffee table, consolle, librerie e tavoli.
Anche nella collezione per Medulum ci sono diversi richiami al passato, no?
Luca De Bona: Sì, Medulum è un’azienda che ha la propria sede ai margini della laguna. Quindi nei loro progetti c’è sempre un legame con Venezia. In questo caso, ci siamo ispirati agli elementi del Liberty, uno stile elegante ma anche razionale, che abbiamo interpretato in una chiave più essenziale. A caratterizzare i prodotti sono il gioco di pieni/vuoti e i listelli della struttura che evocano i lampioni del lungomare. Mentre i colori si ispirano a quelli degli ombrelloni e dei costumi da bagno che si vedono nelle foto d’epoca. Tra le fonti di ispirazione, ci sono anche i film di Luchino Visconti.
I vostri progetti nascono spesso dall’intreccio di mondi diversi o addirittura opposti. Possiamo considerarli un po’ come degli ossimori?
Dario De Meo: Sì, c’è questo aspetto. Siamo due mondi che si incontrano e, quindi, il terzo mondo che ne deriva può essere animato da contrasti. E, d’altronde, è proprio attraverso i contrasti che cerchiamo di raccontare qualcosa di nuovo.
Luca De Bona: Noi siamo un ossimoro vivente, proprio per le ragioni che abbiamo raccontato. E questo tema dell’hic et nunc c’è sempre nel nostro modo di progettare. Un altro esempio di questo approccio è l’installazione per Monography che presenteremo al Fuorisalone, in un palazzo storico in via Cesare Correnti, nel distretto delle 5vie. Questo brand veneto ha sempre tratto ispirazione dal Razionalismo italiano, per questo abbiamo chiamato l’allestimento “Romanzo Razionale”, nome che sottolinea un altro ossimoro: da un lato il razionalismo come fonte di ispirazione, dall’altro il romanticismo della location. Un contrasto che ha permesso di ‘ingentilire’ i prodotti rispetto alle edizioni passate, portando maggiore calore ed empatia.