Colori caldi, forme sinuose, funzioni molteplici. Alla scoperta della prima collezione firmata dalla designer turca Ruya Akyol

Nasce da un intreccio di culture diverse la prima collezione della designer turca Ruya Akyol, presentata in anteprima al SaloneSatellite 2025. Una serie di arredi compatti e multifunzionali, pensati per rispondere al crescente bisogno di flessibilità della vita moderna, in cui le radici anatoliche della progettista si fondono con numerose suggestioni culturali. L’Italia innanzitutto, dove Ruya ha completato la sua formazione universitaria e maturato le prime esperienze lavorative, collaborando per cinque anni con lo studio di Claudio Bellini. Ma anche i Paesi scandinavi, frequentati spesso dalla designer per motivi familiari, di cui apprezza l’essenzialità degli arredi e la capacità di rendere le case accoglienti con poco.

Ecco cosa ci ha raccontato.

Quando hai capito che il design sarebbe stato la tua strada?

È una cosa che mi accompagna fin da bambina. Mi sento a casa quando lavoro con i materiali, quando tocco i tessuti, la carta. Ma nonostante la mia attitudine creativa sia emersa subito, non era scontato che intraprendessi questo percorso, visto che in Turchia c’erano diverse resistenze rispetto al mondo del design. Se sono diventata una progettista, lo devo anche a mia madre che ha sempre creduto in me, spingendomi a seguire la mia vocazione.
Dopo la scuola, ho quindi studiato alla Istanbul Technical University e poi al Politecnico e alla Domus Academy a Milano, dove mi sono fermata a lavorare per cinque anni nello studio di Claudio Bellini. Un’esperienza importante che mi ha dato la possibilità di gestire tanti progetti e di viaggiare moltissimo. Nel 2019 ho proseguito la mia formazione professionale a Parigi, collaborando con lo studio di Philippe Starck. E nel 2021 ho fondato il mio studio, cominciando a lavorare tra Istanbul e Milano.

Quindi, oggi lavori anche in Turchia. Adesso lì c’è un atteggiamento più aperto verso il mondo del design?

Sì, per fortuna le cose sono cambiate. Oggi tante aziende turche hanno deciso di entrare nei mercati esteri, rendendosi conto della necessità di aprirsi al design. Prima tutto era progettato internamente, in modo molto basico. Adesso c’è interesse a collaborare con i designer, ma certo la strada è lunga, stanno imparando.

Com’è nato il desiderio di creare una tua collezione?

Dalla volontà di mostrare cosa so fare. Per questo è una collezione così ricca. Si può definire una sorta di ‘manifesto’, con cui racconto la mia visione e le mie competenze.
Il punto di partenza del progetto è stato il divano Baia, che è nato da un’esigenza personale, quando durante il Covid lavoravo da casa col mio fidanzato in una casa molto piccola. Da lì ha preso forma l’idea di un arredo che potesse rispondere a molteplici funzioni, senza rinunciare però al comfort e allo stile. Baia soddisfa queste esigenze, integrando nello schienale un tavolo che può essere uno scrittoio o un ripiano espositivo. Una versatilità che si sposa con un’attenta lavorazione artigianale. Le gambe e la scrivania sono in rovere, con angoli arrotondati, realizzati a mano. Le parti imbottite sono rivestite con un pregiato tessuto italiano.
Intorno al divano ho poi costruito un’intera collezione per raccontare la mia capacità di lavorare con diversi materiali. Per esempio, la poltroncina Signa è realizzata con una struttura in tubo metallico, i tavolini Desen sono in marmo, gli sgabelli Sedi sono composti da cuscini. Diversi prodotti che rivelano diverse artigianalità.

La collezione fonde le tue radici turche con diverse suggestioni culturali. Quale approccio hai adottato per raggiungere questo equilibrio?

Nella collezione le mie radici turche sono state interpretate con uno sguardo contemporaneo e minimale. Ho studiato il design in Italia e mi piacciono le forme pulite ed essenziali. Quando finisco un progetto, mi chiedo sempre cosa posso togliere. Un approccio dietro cui si nasconde una grande complessità. Negli oggetti molto decorati si perde infatti il dettaglio, elemento che invece secondo me fa davvero la differenza. In Turchia ci sono però un po’ di resistenze quando presento prodotti minimali perché, non avendo uno stile distintivo, avvertono il bisogno di aggiungere qualcosa che possa dare carattere.

A proposito di dettagli, sei partita proprio da un particolare per creare il tappeto Nazar. Puoi raccontarci il progetto?

Premetto che i tappeti sono molto importanti nella nostra cultura. In Turchia senza un tappeto non ti senti a casa. Per realizzare Nazar, ho ripreso un pattern della tradizione turca, un simbolo a forma di occhio pensato per allontanare l’energia negativa causata dall’invidia. Invece di usare l’occhio come motivo ripetuto, l’ho però utilizzato per dare forma al tappeto. In pratica, ho preso un frammento di un pattern turco e l’ho riproposto su larga scala, trasformando così una trama tradizionale in un design contemporaneo.

Un approccio simile a quello usato nei tavolini Desen.

Esatto. Concepiti come un puzzle, questi tavolini riprendono i decori tradizionali delle piastrelle ottomane. Abbiamo sperimentato 50 pattern diversi e questo è il pattern che funziona meglio per un tavolino. Ma, anche in questo caso, ho ripreso un particolare ingigantendolo. Sono proposti in tre altezze diverse, per permettere composizioni flessibili. E sono stati realizzati con pietre di provenienza turca.

Un altro pezzo della collezione che dichiara le tue radici anatoliche è Sedi, no?

Sì, da noi i cuscini sono impiegati spesso anche come sedute. E lo sgabello Sedi è appunto composto da 4 cuscini impilati, trasformati in una sorta di scultura. Si tratta però anche di un elemento d’arredo versatile. Le sue ruote nascoste consentono infatti di spostarlo con estrema facilità nello spazio, offrendo una comoda seduta in più.

I colori giocano un ruolo essenziale nella collezione. Come li hai scelti?

Essendo una collezione che mi rappresenta, ho pensato ai miei colori. La tavolozza include i toni del sabbia, del cipria e dei rossi, una palette femminile e calda che ti abbraccia. Come dicevo, questi arredi raccontano tanto di me: le mie radici, i colori che amo, i Paesi che ho visto. Viaggiare per me è fondamentale. La mia ispirazione viene soprattutto dall’osservazione. Quando viaggio, mi piace sedermi nei caffè e guardare come le persone parlano, come si muovono, come si vestono. Questa collezione è, dunque, una sintesi del mio sguardo sul mondo.

Author

Una laurea in Lettere Moderne e un amore sconfinato per il design. Mi occupo di comunicazione, creando contenuti per agenzie di comunicazione, studi di design e aziende di arredamento.

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