Progettare partendo dal proprio territorio per stimolare una riflessione su tematiche ambientali e sociali che riguardano tutti. Ecco il design secondo Rosaria Copeta e Stefania Galante di r+s studio
Abbiamo conosciuto Rosaria Copeta e Stefania Galante, fondatrici di r+s design studio, a Martano (LE) in occasione di Agorà Design, il festival biennale promosso da Sprech dedicato alla cultura del progetto. Un evento con un ricco palinsesto di mostre e talk, durante il quale le due designer hanno portato una ricerca che ci ha toccato profondamente: Oggettario, un’indagine sul legame che unisce le persone agli oggetti.
Fondato da Rosaria Copeta e Stefania Galante a Matera nel 2020, r+s è uno studio di design basato sulla ricerca delle matrici progettuali e dei materiali territoriali, e sulle loro possibili interazioni con il design contemporaneo. Dalla tradizione riprendono l’idea che le cose ben progettate siano durevoli e raccontino il luogo da cui provengono e il lavoro che le ha originate. Il prodotto diventa così uno strumento narrativo che cerca una relazione con le persone, stimolando una riflessione.
Ecco cosa ci hanno raccontato.
Il legame tra persone e oggetti è al centro di Oggettario, l’emozionante mostra che avete presentato a Martano (LE), in occasione di Agorà Design, il festival biennale promosso da Sprech. Com’è nata l’idea?
Rosaria Copeta: La mostra nasce dall’intenzione di interrogare le persone sulla necessità degli oggetti. In base alle risposte pervenute, abbiamo diviso gli oggetti in due categorie: quelli che rispondono solo a un aspetto funzionale e quelli che, anche se non più utilizzabili o esteticamente validi, sono però legati alla persona da una relazione indissolubile. E abbiamo capito che era questo l’aspetto che ci interessava di più: raccontare i legami che si celano dietro queste relazioni.
Stefania Galante: Per questo progetto, siamo partite da un’esperienza già fatta: una mostra ideata nel 2009 dalla Facoltà di Design e Arti della Libera Università di Bolzano, in collaborazione con una galleria d’arte. Ma abbiamo portato questo lavoro più avanti. In quella mostra, la biografia degli oggetti era infatti indagata dal punto di vista dei progettisti e degli studiosi, mentre noi volevamo mettere al centro le persone. Non è un’indagine con un carattere di scientificità, ma ha la natura di una ricerca. I legami emersi sono stati associati a delle parole che abbiamo poi usato per organizzare gli oggetti. Tra le più ricorrenti: amore, affetto, fiducia. Il risultato è un catalogo di cose inutili ma necessarie. Inutili perché non hanno più la funzione che avevano prima, ma necessarie alla vita perché danno alle persone qualcosa di più della funzione stessa dell’oggetto.
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Quindi, per voi il design è soprattutto relazione?
Stefania Galante: Sì, la relazione è fondamentale in tutti i nostri progetti. Ognuno racchiude un pensiero che vogliamo far arrivare. Abbiamo anche grande cura dell’aspetto formale e funzionale degli oggetti, perché ci piace l’idea di realizzare qualcosa che venga usato, ma ci interessa soprattutto che abbiano più livelli di lettura, per poter stimolare una riflessione.
E come si esprime il rapporto con il territorio nel vostro lavoro?
Stefania Galante: Progettiamo guardandoci intorno, però i nostri riferimenti non sono legati solo al territorio. Non immaginiamo un design chiuso su stesso. A partire dal confronto costante con i luoghi in cui viviamo, cerchiamo di creare qualcosa che abbia un respiro nazionale e internazionale.
Rosaria Copeta: Sì, il nostro territorio ci ispira quotidianamente, ma la nostra idea è di superare la provincia per affrontare le questioni più urgenti del nostro tempo a livello sociale e ambientale.
Tornando a Oggettario, qual è il vostro oggetto di affezione?
Rosaria Copeta: Io sono molto affezionata a una caffetteria che ho ricevuto in dono molti anni fa, mi ha inseguito nei vari traslochi e ancora oggi è parte della mia quotidianità. È importante per me, perché penso che ognuno di noi abbia dei rituali quotidiani di cui non può fare a meno.
Stefania Galante: Io più che di un oggetto parlerei di ‘geografia’ nella mia casa. In quasi ogni stanza ho qualcosa che mi rimanda a un momento particolare della mia vita o a una persona. Quindi, è come se avessi costruito all’interno della mia abitazione una geografia di sicurezza e di emozioni che mi fa stare bene.
Il profondo rapporto con il vostro territorio è evidente nella coperta Tramemoria. Ci potete raccontare il progetto?
Stefania Galante: Tramemoria è un progetto di intensa emozione che parte dalla volontà di raccontare una storia drammatica che ha colpito il Salento negli ultimi anni: la Xylella, un batterio che ha causato la morte di milioni di ulivi nel nostro territorio. In particolare, l’idea è nata dopo aver visto foto aeree della campagna salentina. Una visione dall’alto che ha avuto un impatto molto forte su di noi. Da lì abbiamo maturato la decisione di svelare questa storia attraverso un complemento usato da sempre come mezzo di comunicazione: la coperta.
Rosaria Copeta: Sì, la tessitura ha sempre raccontato storie di donne, e ci interessava l’idea di utilizzarla per mostrare questa ferita al territorio. Metafora del silenzio, la coperta è usata però qui in modo antitetico alla sua funzione per disvelare una storia anziché coprirla. Un progetto pensato per dare voce agli ulivi che stanno scomparendo e aprire una riflessione sul rischio di desertificazione e sul conseguente abbandono delle attività agricole.
Come avete tradotto questo racconto graficamente?
Stefania Galante: Studiando dall’alto la forma degli ulivi, abbiamo creato una sintesi grafica molto semplice: tre cerchi che si intersecano a indicare la chioma dell’ulivo salentino che si tripartisce. E poi abbiamo disegnato una sorta di trasformazione che porta l’ulivo vivo a diventare un ceppo. Però, essendo anche ottimiste, abbiamo pensato che la coperta si può leggere sia da un verso che dall’altro. Quindi, il passaggio dalla vita alla morte ma anche dalla morte alla rigenerazione.
Un altro oggetto strettamente legato al vostro territorio è Vasa-bi. Come nasce il progetto?
Rosaria Copeta: Vasa-bi parte da una serie di studi sulla mancanza d’acqua nelle regioni del Sud Italia. Un territorio privo di acque superficiali, ma ricco di risorse sotterranee fin dall’antichità, che ha portato allo sviluppo di strutture di ingegneria idraulica come il sistema delle pozzelle nel Salento. L’analisi di queste costruzioni testimonia la capacità degli abitanti di adattarsi a vivere in un ambiente ostile, senza sprecare risorse preziose. Vasa-bi fa tesoro di questa capacità. È composto infatti da due vasi, di cui quello esterno è caratterizzato da un ampio orlo che favorisce, grazie alla sua inclinazione, il convogliamento dell’acqua verso il fondo, da dove viene poi assorbita dal secondo vaso, per capillarità. Questa riserva nutre le radici delle piante, riducendo il consumo di acqua dolce proveniente da fonti artificiali.
Il tema degli elementi della natura torna in Prometeo, dove l’acqua lascia spazio al fuoco. Cosa racconta invece questo progetto?
Stefania Galante: Prometeo nasce pensando al valore del fuoco nel Sud Italia. Un fuoco che è buono, quando è legato al sole e alla cultura del cibo, ma che può anche diventare pericoloso, come negli incendi che purtroppo devastano tanti territori del Sud Italia (e non solo) in estate. Un richiamo alla natura violenta del fuoco che abbiamo espresso attraverso lo Shou Sugi Ban, una tecnica di bruciatura giapponese che trasforma il legno in qualcosa di più resistente.
Nei vasi Licheni la natura prevale, invece, sull’opera dell’uomo.
Stefania Galante: Con questo progetto, abbiamo cercato di esprimere il massimo con l’essenziale, impiegando le eccedenze di produzione di un’azienda che lavora nell’edilizia e fa prodotti in pietra leccese. E sì, la particolarità è il carattere vivo del materiale, che si trasforma, ricoprendosi di licheni che creano texture particolari sulla superficie. Il risultato è una sorta di co-progettazione tra l’uomo e la natura. Abbiamo infatti lasciato che la natura facesse il suo corso, andando a decorare i vasi, mentre noi siamo intervenute con pochissime lavorazioni, tagli e forature.
 
						
				 
						
			








