“Sono miei amici”. È così che Ko Sligger, designer, grafico, artista rivoluzionario e iconoclasta (oltre che grande gourmet) di origine olandese, definisce i caratteri tipografici.
Lo ha fatto di recente in occasione di un incontro con gli studenti della facoltà di Architettura dell’Università degli studi di Palermo: una conferenza dal titolo “Una passeggiata tipografica” che, insieme a una mostra sulle creazioni di Sligger, è stata organizzata da Cinzia Ferrara, docente del corso di comunicazione.
Ko Sligger proietta le sue opere, mostrando prima di tutto come la sua arte si basi sulla ricerca del dettaglio, riprendendo e riutilizzando la natura che ci circonda, sperimentando, accostando alla tipografia anche oggetti che non si sarebbero mai immaginati. Come gli animali, gli ortaggi o le patatine fritte, che hanno ispirato il suo carattere “Pommes”. E spiega che oggi non esiste più un’identità grafica che si distingua dalle altre dato che, grazie Internet, tutti hanno la possibilità di conoscere gli stili passati e presenti, possono copiarli e, perché no, reinterpretarli.
Esorta gli studenti a “lasciarsi andare liberamente”, senza cercare a tutti i costi un perché e un come in ogni cosa, prendendo come riferimento la propria esperienza personale. Sligger infatti, a un certo punto della sua carriera, decide di abbandonare gli schemi e dedicarsi a una grafica innovativa, locandine, manifesti e giornali, usando un tipo di carattere spontaneo, non meditato o precostruito; il suo stile personale, diventato famoso in tutto il mondo, non usa infatti un ordine nell’impaginazione, ma anzi utilizza molti collage e sembra quasi che voglia spingere tutto oltre il confine del foglio.
Sligger fa della sua vita un’arte, e sin da giovane decide di lasciarsi trasportare da questa passione che, insieme all’amore per la cucina, lo ha travolto fin da bambino. Certo: non sono mancati momenti difficili, determinati dalle richieste “troppo capricciose” di alcuni clienti che hanno messo a dura prova la sua pazienza, ma lui non si scompone. E qui i collegamenti tra l’arte grafica e quella culinaria si fanno più stretti dato che: “con la cucina puoi sempre creare e mettere tutto te stesso in quel piatto, proprio come la grafica… e poi il cliente o si accontenta o se ne va, senza dire ‘no, quello fallo così!’… . La maggior parte delle volte il cliente mangia, è contento, e ritorna con piacere!”