Apre alla Fondazione Achille Castiglioni la mostra “1962, blocchi di marmo, manici di scopa e altre storie”. Un percorso espositivo dedicato a uno degli anni più importanti per i fratelli Castiglioni.
“1962, blocchi di marmo, manici di scopa e altre storie”. È questo il nome della nuova mostra promossa dalla Fondazione Achille Castiglioni. Protagonisti dell’esposizione sono i progetti creati dallo Studio Castiglioni nel 1962. Un anno cruciale per i due grandi architetti e designer milanesi.
Il 1962 è, infatti, l’anno in cui lo Studio Castiglioni “comincia a fare cose”, realizzando i primi progetti di design. L’annus mirabilis, come lo definì Alberto Bassi su “Casabella” nel 1997, in cui i Castiglioni progettano e mettono in produzione ben cinque lampade: Relemme, Taccia, Toio, Ventosa e Arco. L’anno in cui vengono disegnati il contrappeso per lampade a sospensione, l’interruttore a pedale, il cucchiaio Sleek (oggi disponibile in un’edizione speciale, in colore rosso, solo in Fondazione), la macchina per il caffè Pitagora per Cimbali e la seduta Giro, oggi fuori produzione, di cui è disponibile un unico esemplare realizzato da Bruno Longoni per l’allestimento di Lorenzo Damiani per la VI edizione del Triennale Design Museum. Ma anche un anno in cui lo studio Castiglioni firma numerosi allestimenti e progetti di architettura.
Un allestimento tra serietà e leggerezza
L’allestimento della mostra “1962, blocchi di marmo, manici di scopa e altre storie” è curato da Marco Marzini, da tempo impegnato a progettare e allestire mostre all’interno della Fondazione Achille Castiglioni. Sempre in punta di piedi, ma con la capacità di sorprendere il visitatore.
“Forse non sapete che nel silenzio della notte, quando nessuno vede, gli oggetti giocano fra loro. Abitualmente si ritrovano nell’ingresso della Fondazione e lì comincia la magia…”, racconta Marco Marzini. “Questa volta li ho sorpresi…le pesanti basi di marmo giocano sospese con le scope. Un allestimento che gioca con gli opposti, pesante – leggero, trasparente – opaco, passato – presente”.
Un gioco di opposti che trova la sua massima espressione nella stanza dei tecnigrafi dedicata ad Arco. La lampada che ha rivoluzionato il mondo dell’illuminazione, permettendo di proiettare la luce dall’alto senza la necessità di un lampadario a soffitto.
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Nell’allestimento otto lampade Arco disegnano uno spazio percorribile, dove le pesanti basi in marmo sono “auto-illuminate” dalla luce leggerissima dell’Arco successivo in un infinito gioco di rimbalzi luminosi. Il blocco di marmo è mostrato nelle quattro fasi di lavorazione, come metafora del progetto: dalla cava alla casa. Mentre una cascata di “fori” e alcuni componenti progettuali di Arco sono incorniciati dalle due finestre che filtrano la luce esterna in un gioco di rimandi formali.
A completare l’allestimento, una parete in sughero che mostra le numerose copie della lampada dei fratelli Castiglioni, e i film che hanno contribuito a rendere Arco celebre in tutto il mondo.
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