Design Street intervista Hangar Design Group, lo studio multidisciplinare che ha rivoluzionato il modo di fare design.

Abbiamo intervistato Alberto Bovo, il Presidente di Hangar Design Group, in occasione dell’uscita di “Compendium”, il libro a cura di Francesco Zurlo che ripercorre i 40 anni di storia dello studio. 40 anni di sogni, di progetti e di visioni che raccontano la continua evoluzione di questo studio multidisciplinare di design strategico. Una realtà nata da un atto di “disobbedienza” che non ha mai smesso in questi 40 anni di rischiare e di rompere le regole.

Fondato nel 1981 alle porte di Treviso dagli architetti Alberto Bovo e Sandro Manente, Hangar Design Group si distingue da subito nel mondo del design per il suo approccio multidisciplinare. Un approccio rivoluzionario in un’epoca di forte specializzazione che con il tempo si è rivelato vincente. Grazie alla scelta di far prevalere la trasversalità sulla specializzazione e il talento del gruppo su quello individuale, Hangar Design Group è diventato infatti uno dei più influenti studi di design a livello internazionale. Un “operatore di design strategico”, come lo definisce Francesco Zurlo, che è oggi attivo negli ambiti più diversi: dalla progettazione di prodotti e spazi al digital, dalle campagne di immagine ai processi di creazione della brand identity. 

Ecco cosa ci ha raccontato Alberto Bovo.

D.S. Hangar Design Group nasce 40 anni fa, puntando da subito sulla trasversalità. Perché questa scelta e come viene recepito il vostro approccio all’inizio dalle aziende?

A.B. Negli anni 80 la cultura specialistica era molto forte. All’epoca l’architetto faceva l’architetto. Il nostro approccio non nasce per caso, ma per una contestazione. Perché non accettavamo di rientrare nella figura classica dell’architetto.
Abbiamo studiato architettura allo IUAV di Venezia, che era un’università alternativa dove si pensava all’architetto come a un teorico, a un filosofo, come a una figura trasversale.
All’inizio non c’è stata grande attrazione per questa nostra trasversalità da parte del mondo che frequentavamo. Anzi, c’era grande diffidenza. Ci dicevano: “Se non siete specializzati in niente, verremo da voi quando lo sarete”.

D.S. Com’è cambiato il rapporto con i vostri clienti dagli anni 80 a oggi?

A.B. Adesso la situazione si è completamente rovesciata rispetto agli inizi. Le aziende cercano Hangar Design Group proprio per il nostro approccio multidisciplinare. La trasversalità oggi è un requisito fondamentale. Per questo negli ultimi anni tanti studi e agenzie sono diventati multidisciplinari. Però, loro lo fanno per la necessità di adattarsi al mercato, noi per una scelta. Siamo sempre stati così.

D.S. Perché il design strategico è così importante oggi per le aziende?

A.B. In passato le aziende andavano dai progettisti per avere delle commodity. La richiesta era quella di avere un prodotto, un catalogo, un servizio. Oggi invece alle aziende serve una consulenza strategica per posizionarsi o riposizionarsi nel mercato. Per questo il design strategico è diventato fondamentale. Perché è un progetto di pensiero innanzitutto e poi fisico. È necessario per permettere a un’azienda di distinguersi, di diventare unica.

D.S. L’approccio che adottate per progettare un prodotto è diverso rispetto a quello di uno studio di product design?

A.B. Lavorando in diversi ambiti, abbiamo un approccio più orizzontale. Uno studio di product design ha invece una mentalità verticale. Hangar Design Group non parte mai dall’aspetto funzionale, ma da quello sociale e di posizionamento del prodotto.

D.S. La pandemia ci ha reso tutti più digitali o tutti più desiderosi di tornare analogici? Secondo lei quali sviluppi avrà la comunicazione digitale nei prossimi anni?

A. B. La pandemia ci ha reso tutti più digitali. Per fortuna. Anzi, questo processo sarebbe dovuto avvenire molto prima.
Il digitale è un elemento fondamentale che avrà uno sviluppo “devastante”, nel senso che cambierà completamente i modelli di design. E non parliamo solo di caricare foto e video o di realizzare siti web. Quello c’è già da tempo. Il digitale permette di fare molto di più. Per esempio, noi sviluppiamo progetti da remoto anche nei cantieri, grazie all’utilizzo di tecnologie digitali.
Il digitale influenzerà il nostro modo di essere, la nostra mentalità.

D.S. Un progetto a cui è particolarmente legato?

A.B. La Mobile House “Sunset”. La microarchitettura che ha vinto il Compasso d’Oro nel 2011. Perché è la summa di tutto il lavoro di Hangar Design Group. È allo stesso tempo un progetto di product design, di interior design e di comunicazione.

D.S. Un progetto che le piacerebbe realizzare?

A.B. Una macchina fotografica. Sono un appassionato di fotografia e, tutte le volte che tocco la mia Leica, penso sempre che vorrei disegnare una macchina fotografica. Una macchina digitale compatta, da portare sempre con sé.

D.S. Cosa consiglierebbe a un giovane che volesse diventare un designer oggi?

A.B. Gli direi di studiare il meno possibile, di viaggiare tantissimo e di frequentare ambienti multiculturali. Insomma, gli consiglierei di tuffarsi nella vita, di fare cose. Certo è importante fare esperienza in azienda, ma più che frequentare tanti corsi di specializzazione, ciò che conta per un designer è vedere il mondo. Soltanto così si può progettare qualsiasi tipo di prodotto.

Author

Una laurea in Lettere Moderne e un amore sconfinato per il design. Mi occupo di comunicazione, creando contenuti per agenzie di comunicazione, studi di design e aziende di arredamento.

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