DS: La tua biografia in quattro linee
CC: Ho studiato architettura a Venezia; mi sono appassionata ai grandi architetti con le lezioni di storia del professor Dal Co. Nel 2005 mi sono trasferita a Firenze dove ho collaborato per un breve periodo con l’architetto Carmassi; un’esperienza unica. Dopo alcuni anni a Firenze ed una breve parentesi a Roma, sempre nel campo nell’architettura a scala urbana, nel 2010 mi sono spostata nuovamente, questa volta a Milano e ho cominciato la collaborazione con Sawaya & Moroni. Il mio interesse per il design è passato quindi dal collezionismo alla “produzione”. Subito dopo è nato “Attico” la mia autoproduzione di piccoli arredi e complementi ai quali affianco progetti per le aziende e lavori di interior. Dal gennaio 2013 lavoro al mio progetto a tempo pieno.
DS: Retail, interior design, spazi pubblici: hai lavorato in diversi ambiti ma quale preferisci e perché?
CC: Sono passata dall’architettura a scala urbana al design. Preferisco lavorare a progetti di design perché sento di poter gestire direttamente e controllare tutte le fasi della produzione. Nell’architettura gli attori in campo sono molti e spesso bisogna scendere a compromessi.
DS: Il lavoro che più ti rappresenta, quello che senti più tuo?
CC: È difficile scegliere; ogni progetto ha una sua storia ed è legato a dei ricordi e a delle persone soprattutto. Vado molto fiera dei miei vasi Veneer; il progetto è stato immediato ma la produzione è stata molto complessa. Ogni vaso è un pezzo unico e le combinazioni di texture sono infinite. Il carattere così industriale di questi manufatti, che nascono dall’avvolgimento su mandrini di acciaio di strati di fibra di vetro, carbonio, legno e altri materiali, si sposa con il valore estetico dell’abbinamento delle varie texture. Carbonio, kevlar, alutech abbandonano le loro caratteristiche meccaniche e vengono usati in virtù delle loro prerogative estetiche, quasi tessili. Sono molto legata anche al mobile toeletta Ecstasy, presentato a Padiglione Italia lo scorso anno; una rivisitazione di una tipologia ben radicata nell’immaginario comune.
DS: Quali sono i tuoi punti di riferimento nel mondo dell’arte?
CC: Non mi sento molto vicina al mondo dell’arte. Sono attratta dagli abbinamenti cromatici, dalle volumetrie e dall’uso dei materiali di molti artisti. Voglio approfondire la mia conoscenza dell’arte cinetica.
DS: Quali sono i nuovi materiali che ti suscitano maggiore interesse?
CC: Sono attratta dai materiali tradizionali, ad esempio rame-ottone-ecc ecc, e dalle lavorazioni che grazie alla nuova tecnologia, si possono applicare su di essi. Il risultato è totalmente inaspettato.
DS: Quali sono stati i tuoi maestri?
CC: Tutti coloro che ogni giorno mi insegnano qualcosa, dai grandi maestri, Le Corbusier, Sottsass, agli artigiani con cui collaboro.
DS: Che consiglio daresti ad un giovane?
CC: In un momento come questo è difficile dare consigli; bisogna lavorare moltissimo ed amare il proprio lavoro. Non basta…ma aiuta
DS: Forma, colore, concetto, da dove inizi di solito a concepire un progetto?
CC: Il processo creativo che porta alla nascita dei miei progetti è lungo e gioca su diversi fronti: la ricerca, l’idea, il ribaltamento della funzione, lo studio dei materiali e delle attitudini. Osservazione sulle potenzialità degli oggetti, sui loro volumi, sulle diverse funzioni d’uso e quindi sulle attitudini che ogni oggetto può nascondere. Variazioni di scala e piccole invenzioni possono mutare il senso dell’oggetto e caricarlo di significati diversi. Ricerca, sia della vecchia produzione che di quanto di nuovo attraversa campi creativi trasversali, come moda arte-design.
DS: A cosa stai lavorando?
CC: Sto lavorando a diversi progetti che presenterò al Salone di Aprile; per ora non posso svelare troppi dettagli. Inoltre ho cominciato alcune collaborazioni con delle belle aziende che a breve, spero, daranno i loro frutti.