Un convegno internazionale in due giornate tenuto al Politecnico e allo Iulm, sulla figura del grande maestro finlandese e i suoi rapporti con l’Italia.

Grandi progetti rimasti sulla carta – tra i quali un quartiere residenziale a Pavia – riconoscimenti, laurea ad honorem, e due sole le realizzazioni: il padiglione finlandese alla Biennale di Venezia e la chiesa di Riola di Vergato provincia di Bologna. Il nostro paese ha spesso perso occasioni significative, come il progetto di Le Corbusier per il Centro di calcolo Olivetti, una sorta di Apple anni Sessanta.

Nel dopoguerra in Europa e Stati Uniti operavano i principali architetti passati alla storia come i Maestri: Le Corbusier, Mies Van der Rohe, Gropius, Wright.

In Italia, sotto la spinta della ricostruzione, della seconda industrializzazione e dei consumi di massa, si rinunciava di fatto alla progettazione di città e territorio, relegando urbanisti e architetti ad operare in modo locale e marginale.

A questa tendenza non si è sottratta la sorte professionale di Alvar Aalto, pur essendo il meno razionalista, il più affascinato dalla classicità e dalla mediterraneità, nonché un sincero amante della nostra penisola.

Un talento unico nel generare l’idea di costruzione dalle qualità del contesto e del territorio, grazie ad una innata propensione ad armonizzare la concezione tecnica con le leggi della natura e ad una sensibilità per l’umano che il Razionalismo aveva perso per strada.

Ciò che si è tradotto nella creazione di volumi e spazi mai seriali ed asettici, nella attenta scelta dei materiali e nella ricerca di soluzioni per esaltare la luce naturale, come nella caratteristica concezione della copertura della chiesa di Riolo.

Un progettista tutt’altro che “freddo” nonostante la provenienza geografica, tanto che parte della storiografia lo ha consacrato quale campione della architettura organica assieme a F.L. Wright.

Aalto diede prova di grandi intuizioni anche nella produzione di elementi di arredo arrivando nel 1935 a fondare con la moglie Aaino il marchio Artek, ottenendo anche in questo settore premi e riconoscimenti, nonché la stabile partecipazione a storiche edizioni della Triennale di Milano.

I pezzi di Artek, azienda che rappresenta un brand unico sul mercato, sono quasi tutti dei classici ed esprimono con chiarezza la poetica “naturalista” sia ad una lettura superficiale, sia ad una più tecnica, come la nota giunzione a ventaglio che trasforma un semplice sgabello a tre gambe in un punto di contatto tra uomo e natura.

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